Pensieri in libertà...

“Se dovessi fuggire improvvisamente da casa tua, cosa porteresti con te?” - menzione speciale Martina C. 3C

Non riuscirei a resistere per tutto il viaggio senza il mio diario segreto. L’ho sempre avuta questa strana necessità di dover mettere nero su bianco i miei pensieri, per liberare la mente, prendendo una penna in mano e scrivendo su una pagina parole, frasi, pensieri. La parte più bella arriva alla fine: una sensazione indescrivibile di libertà e pace che prevale su tutto. Senza tutto ciò non riesco a stare, anzi, non riesco a vivere in pace come ad ogni persona dovrebbe essere concesso. E la libertà non è concessa a tutti, altrimenti perché milioni di bambini, donne, uomini scapperebbero dalla loro casa? La mattina di Natale di uno dei miei primi anni delle elementari sotto l’albero c’era un oggetto diverso dagli altri per la forma. Una volta strappata la carta era apparso un diario segreto, il mio primo, vero diario. Brillava sotto il bagliore delle lucette dell’albero, o forse erano solo l’emozione e la felicità che facevano sembrare quel momento una specie di sogno. Da quel giorno in poi non mi sono più distaccata dal mio diario. Lo portavo ovunque e coglievo ogni volta l’occasione per scarabocchiare qualcosa. Ricordo perfettamente il giorno in cui ho riempito l’ultima pagina, era appena iniziata la prima media. Pochi mesi dopo per il mio compleanno ho ricevuto un altro diario, più piccolo, dentro cui custodisco tuttora la mia vita. Un altro oggetto senza cui non riuscirei a partire è un peluche di quando ero piccola, un orsacchiotto, un tempo con il pelo bianco, che mi era stato regalato dai miei nonni. Lo tengo sopra una mensola della mia camera dove, dall’alto, mi fissa con uno sguardo dolce e rassicurante. Un po’ come quando avevo tre anni, tuttora non riesco a separarmene, ci tengo troppo. Ogni tanto lo prendo in mano e lo stringo al petto. In quei momenti emergono ricordi, emozioni e momenti speciali che hanno caratterizzato la mia infanzia ormai passata da tempo. Ci sarebbero tanti altri oggetti che vorrei portare con me che mi farebbero venire in mente ricordi. Mi mancherebbero tante cose della mia casa, del mio piccolo rifugio nel quale mi sento protetta. La mia camera con le sue pareti gialle, il letto a castello, le mensole con i miei libri. Mi mancherebbe svegliarmi la mattina, aprire gli occhi e vedere come prima cosa gli adesivi a forma di stella attaccati sul muro che ogni sera mi fanno cadere in bellissimi sogni. Più di tutto mi mancherebbe il profumo che sa di casa, che mi fa stare bene e mi fa sentire serena, un profumo comparabile con nessun altro. Questi sono gli oggetti che mi mancherebbero se dovessi abbandonare improvvisamente la mia casa e la mia vita, come fanno tanti altri ragazzi della mia età e anche più piccoli ogni giorno.

Martina C. 3C

“Se dovessi fuggire improvvisamente da casa tua, cosa porteresti con te?” - menzione speciale Viviana F. 2B

Non si sa dove bisogna andare, si sa solo che si deve scappare . Mamma dice che sarà un viaggio che non dimenticherò mai e in cui vedrò il mare …. Io il mare non l’ ho mai visto . Né io né Lapy abbiamo mai sentito il profumo del sale, la dolce brezza marina, la sabbia che ti si incolla alla pelle, il rumore delle onde che si infrangono contro la costa… mai. Lapy è il mio unicorno di pezza, assomiglia ad una soffice nuvola di zucchero filato rosa che, con il suo sapore caramellato, ti addolcisce il cuore e ti fa scordare tutte le cose brutte. Me l’ ha regalato Bedin prima che partisse per la Turchia. -Quando sei sola, abbraccialo forte e ti sentirai subito meglio. - mi ha detto – Non dovrai mai essere triste, perché è come se un pezzo di me sia in mezzo alla soffice ovatta che lo rende così bello. Si, penso che Lapy verrà via con me a giocare con la sabbia bianca, sarà come stare con Bedin per l’ ultima volta prima del viaggio. La sabbia bianca, bianca come la vecchia coperta di cotone della nonna, calda e morbida: è il posto ideale per nascondersi dal rumore delle sirene d’ allarme che, sotto ad essa, si trasformano in qualcosa di lontano e innocuo . Porterò via anche lei, mi servirà per asciugarmi dopo il bagno nel mare blu, non si sa mai che io mi ricordi anche la canzone che la nonna mi cantava mentre mi ci avvolgeva. Il mare blu, blu come il libro di cucina italiana della zia Zeinab . Io e zia amavamo cucinare la pasta al pesto, solo che trovare gli ingredienti per preparare il sugo tipico genovese era un po’ difficile.. - Possibile che in un supermercato grande come questo non ci sia del basilico - diceva - Ora vado da Raouf e tiro giù tutti i pesti del paradiso !! Ogni venerdì, era la stessa storia e, ormai, Raouf si rifiutava anche solo di ricevere la zia per parlarle. Porterò anche il libro di cucina, magari dopo essermi asciugata potrei preparare una buona pasta con il pesto verde . Il pesto verde, verde come il maglione delle feste Non c’ erano feste senza i maglioni: io quello verde, zia quello rosa, mamma quello arancione e nonna quello viola . In realtà, dopo nemmeno mezz’ ora eravamo costrette a togliercelo per il caldo che c’ era e così l’ incantesimo festivo finiva con tante risate e tanto cibo. Prenderò anche il maglione, servirà a scaldarmi durante la nera notte. La notte nera, nera come il ricordo di papà. Di papà ho solo un ricordo sfumato, di lui vestito come un militare che mi abbraccia e mi saluta con la faccia bagnata di lacrime. In quel ricordo anche mamma piange e mi stringe forte al petto, come se fossi l’ unica cosa che le fosse rimasta … Quel ricordo, nella mia mente, è nero come la pece ed è solo tristezza. In quel ricordo sono presenti tutte le cose che partiranno con me. Ciò che porto via, verrà con me solamente perché io non mi dimentichi mai di papà e del fatto che si è sacrificato per salvare me, mamma, zia e nonna .

Viviana F. 2B

“Se dovessi fuggire improvvisamente da casa tua, cosa porteresti con te?” - menzione speciale

Giulia P. 1F

Se un giorno dovessi lasciare la mia casa e prendere solo le cose a cui sono più affezionata, porterei con me, senza dubbio, il mio libro di storia dell’ arte perché sia conoscere l’arte del passato, che sperimentarne di nuova è molto stimolante per noi ragazzi – infatti, ti fa volare con l’immaginazione in mondi ancora a te ignoti, che portano dalla realtà alla creatività e leggerezza che un disegno fatto solo di figure astratte ti può trasmettere-. Poi, porterei con me, la mia divisa di pallavolo – la porterei perché dal momento in cui l’ho indossata, mi sono sentita parte integrante di una squadra in cui si vince o si perde, non per merito solo tuo ma anche di qualcun altro-. Ti insegna a non arrabbiarti se qualcuno sbaglia e a comprendere soprattutto i tuoi limiti e quelli degli altri. –Per me lo sport è coraggio, perché a volte si ha paura ad affrontare il proprio nemico più forte ovvero se stesso, ma lo sport insegna a sconfiggerlo e a non arrendersi-, è lealtà perché, bisogna sempre rispettare l’ avversario e infine è amicizia perché – è proprio vero- ti unisce e ti fa capire chi nel momento di difficoltà ti rimane accanto e chi invece ti volta le spalle. Poi, porterei con me un quaderno con una penna- perché io amo scrivere, sperimentare e mettermi in gioco utilizzando, anche parole che non conosco per creare testi che esprimano le mie sensazioni ed emozioni-. –Penso che scrivere aiuti a conoscere se stesso perché quando crei e riempi quelle pagine bianche come fa un pittore con la sua tela, ti vengono in mente sempre nuove idee che ti fanno scoprire le tue passioni-. -Inoltre, porterei con me una fotografia che mi ritrae con due delle mie amiche che sempre mi sono state accanto e che sono sicura non mi lasceranno. –Questa foto, che è sempre sul comodino della mia camera da letto, è molto speciale perché mi ricorda i momenti passati insieme che forse andando avanti nel tempo non vivremo più!- Infine verrà con me la cosa più importante legata alla mia nascita, ovvero, il mio peluche preferito che da sempre mi accompagna nel lungo viaggio della vita. E’ con me da dodici anni e spero di poterlo conservare fino a quando sarò grande. Mi fa pensare alla mia infanzia passata con lui a fare finta di essere la sua mamma e di prendermene cura, anche se poi era lui che si prendeva cura di me!- Ecco, queste sono le cose che porterei con me: cultura, sport, amicizia e ricordi di infanzia. Semplicemente la mia storia!

“Se dovessi fuggire improvvisamente da casa tua, cosa porteresti con te?” - vincitore

Anna P. 3B

Fumo. Fuoco. Urla. Mi guardo intorno e vedo strisce rosse lambire il letto. Sento voci indemoniate. Cerco di inquadrare la finestra, quasi completamente oscurata dal fumo, e oltre ad essa vedo delle sagome sfocate agitarsi, correre, gridare in preda al panico. I rumori esterni arrivano ovattati alle mie orecchie che riescono a sentire solo il crepitare del fuoco. Il mio primo pensiero è indirizzato all’origine dell’incendio e non tanto alle fiamme che attanagliano le coperte del letto e lentamente avanzano sinuose verso di me. Mi guardo intorno, vedo indistintamente la porta in legno d’acero ormai completamente bruciata: inutile tentare di fuggire per di là. Guardo la finestra, una valida via di uscita, sfortunatamente circondata da una miriade di fiamme. La sedia è oramai inesistente, sostituita da ceneri, tutti i miei abiti sono stati sbalzati fuori dall’armadio e lentamente si dissolvono. Nulla può resistere a questa forza della natura. Il fuoco brucia, incenerisce ma anche cucina; è un nemico ma anche un alleato. Oggi ha deciso di essermi contro e di aiutare il mio nemico. Mi decido, piuttosto che morire carbonizzata preferisco rimanere viva e soffrire. Mi preparo e scatto, un fischio nelle orecchie. Pochi metri che assomigliano a chilometri. Le braccia e le gambe cominciano a scottare. È troppo. Sporgo la testa oltre la finestra. L’aria è densa come dentro. Vedo donne, uomini, bambini che si sbracciano ognuno davanti alla propria abitazione in fiamme. I miei genitori pochi metri sotto di me. Esito, potrei morire, essere troppo avventata, ma poi ricordo: “meglio tentare e fallire, che non tentare affatto e fallire in partenza”. Mi decido. Le gambe tese, le mani tremanti. Salto … Apro gli occhi in un bagno di sudore, le mani tremanti, il cuore che batte all’impazzata. Solo un incubo. Nulla è reale, o almeno per me non lo è. Rifletto. E se fosse successo davvero? Sono giovane, una vita persa per niente; per colpa di una forza della natura che l’uomo non può comandare a suo piacimento, distruttrice che nel mondo colpisce senza compassione. Se avessi avuto un attimo per riflettere, cosa avrei fatto? Avrei preso una giacca, del cibo e dei soldi, oppure ciò che di più caro ho? Tante possibilità, ognuna con il suo particolare dettaglio, differente per ogni persona. Nella mia mente scorrono immagini, ricordi recenti e lontani che nella mia mente si sovrappongono. Un peluche morbido su cui affondo la faccia, probabilmente me lo porterei dietro: una consolazione, una fonte di affetto, un modo per scaldarmi. Può sembrare banale avere un peluche, infantile, ma sicuramente è peggio giocare sul computer con amici virtuali che tanto affetto, amore, calore e consolazione non danno affatto. Stessa cosa vale per un libro e, per citarne uno: “non si può vivere senza un libro, non si può affrontare una sala d’attesa, uno studio medico, una burocrazia, una coda in Comune senza avere in mano quel prezioso talismano, la porta sempre aperta verso mondi altri” (Antonia Arslan). Inoltre se è il libro giusto lo puoi leggere quanto vuoi senza mai stancarti. Ora, però, bisogna tornare alla realtà e considerare che, anche se l’affetto fa tanto bene, non possiamo vivere unicamente di esso. Ciò significa che bisogna pensare a strumenti reali ed utili. Il denaro non è necessario, perché potresti trovarti in un luogo in cui potrebbe servirti quanto un messaggio senza un modo per inviarlo. Una coperta e una scorta di acqua, la fonte della vita, di cui brulica lei stessa, con la sua mentalità singolare: è lei a decidere il suo corso, se deviare, se aiutare, se correre o se farsi usare. il cibo si può chiedere, trovare, cacciare, seminare, custodire; ma se si è in una situazione complicata non è facile svolgere nessuna di queste azioni. Meglio prenderne un po’ per sicurezza. In questo modo ho equilibrato l’astratto e l’esistente. Alcuni potrebbero essere legati interamente all’esistente e morire di solitudine, di sofferenza. Altri, al contrario, si legherebbero all’affetto per paura di dimenticare e morirebbero di fame, di sete, di freddo. Di sicuro nessuna di queste situazioni sarebbe utile alla sopravvivenza, bensì l’opposto: sosterrebbe la morte ad allungare le sue mani, avvicinarsi all’anima, per prenderla con delicatezza e allontanarla per sempre da un corpo oramai inerme. Ora se dovessi tornare nel mio incubo probabilmente prenderei il peluche, la foca, la coperta, cibo e acqua e solo allora salterei da quella finestra, con la speranza di poterne uscire viva.

“Se dovessi fuggire improvvisamente da casa tua, cosa porteresti con te?” - vincitore

Nicolò G. 2^E

Oggi parto. Non so come, non so perché, ma domani dovrò lasciare la mia casa e il mio paese. Mia madre dice che preferisce non spiegarmi il perché dobbiamo andarcene. L’unica cosa che mi ha detto è di fare la valigia. Non potrò portare molto, quindi dovrò lasciare qualcosa qui. Giro per la casa e mi guardo attorno. Mi sembra più grande del solito e improvvisamente piena di cose. Rovisto mentalmente tra l’infinita raccolta di oggetti che mi circondano e inizio la selezione. I miei occhi si dirigono su una foto di mio padre deceduto pochi giorni dopo la mia nascita. Quella è una delle poche foto dove lui è il protagonista indiscusso dello scatto, dove sembra che tutta la natura e gli agenti atmosferici fioriscano anche solo per un secondo. La voglio portare con me per avere almeno un ricordo di mio padre e perché temo che se non rivedrò più la sua faccia potrei sicuramente dimenticarlo e non voglio che questo accada. Poso la foto nella valigia. Mi guardo intorno e il mio sguardo, questa volta, si posa sui miei fumetti scherzosi e ironici di Simone Albrigi. Sono una passione piuttosto recente, ma ci tengo tantissimo e mi divertono molto. Essi sono le mie armi per far arretrare il temuto mostro quale è la noia che a poco a poco colpisce ogni singolo bambino e adulto del mondo e leggerli mi consente di accedere a una realtà differente da quella che vivo. Impilo tutti i fascicoli e, nel mentre, le mie pupille “scannerizzano” la stanza. Le pupille si arrestano e “mirano” la mia anatra peluche che, da piccolo, ho chiamato Fafà. Mi è sempre stata accanto nelle notti insonni ed è sempre stata la mia compagna di giochi. Da piccolo aveva il potere di farmi dormire e farmi sentire a casa dovunque andassi! Voglio portare con me Fafà perché tecnicamente è la rappresentazione sotto forma di peluche della mia spensierata infanzia, quando niente e nessuno poteva preoccuparmi, quando tutto per me era gentile e tranquillo. Quindi prendo Fafà per le ali e la appoggio all’interno della valigia. Poi, vado in salotto e prendo il mio cellulare appoggiato sul tavolo. Spero proprio di riuscire a mantenerlo acceso, così come spero di riuscire a tenere accesa la speranza di tornare un giorno a casa. Lo voglio avere con me perché al suo interno vi sono tutte le discussioni, gli annunci, le rivelazioni, le confessioni, le rassicurazioni, ma soprattutto i ricordi fotografici dei momenti passati con i miei amici e i miei parenti. Proprio per questo voglio metterlo in valigia, per tenermi vicino frammenti felici della mia vita. Quei momenti in cui ero veramente felice. E per felice intendo tranquillo, spensierato, sicuro e in un certo senso protetto da ogni possibile negativo accadimento. Ora non più. Ora bisogna scappare, e non capisco il perché. Ed è proprio questo che mi spaventa. Il non sapere da cosa. Infatti, la definizione di paura è proprio questa. La paura è una sensazione di timore delle cose che non si sanno, di cui si è incerti o si sa poco e che provoca quella angosciante sensazione di inquietudine dentro sé stessi. E in questo momento, posso affermare di avere paura.